1) Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Viviamo in un paese che ha più a cuore la tutela delle fabbriche e del capitale economico piuttosto che quello umano: lo testimonia la leggerezza con cui si deprivano di qualità e validi strumenti l’istruzione, la sanità, i servizi pubblici. Questa politica capitalista che tratta lo Stato come un'impresa si è di recente impegnata a mettere in atto l'ennesimo sopruso ai danni dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (già provato dopo il tocco angelico della Fornero) con la velleitaria promessa di debellare il precariato dilagante: le modifiche compiute non porteranno altro risultato che ridurre ancor di più i diritti di chi – legittimamente, almeno secondo la Costituzione Italiana – è alla ricerca di un posto di lavoro a tempo indeterminato (e di un futuro).
Lavorare sotto ricatto a tempo indeterminato, secondo un’istituzionalizzazione della precarietà che non risponde all’esigenza di una valida soluzione alla crisi economica, ma dipende dalle stesse logiche neoliberiste del mercato del lavoro e dalle stesse politiche finanziarie e monetarie che hanno contribuito al dilagare della disoccupazione.
Fu lo stesso Renzi appena due anni fa a contestare le modifiche apportate allo Statuto dei lavoratori dalla Fornero, ribadendo come questo non fosse un ostacolo alla crescita, bensì un “falso problema” sotto il quale si tentava di nascondere ben più consistenti problemi burocratici, economici e mafiosi che portano gli imprenditori (anche dall’estero) a non investire nel bel paese. Ma ciò che poi ha proposto attraverso il suo Jobs Act è stato un drastico taglio al sistema di ammortizzatori sociali, la manomissione dello Statuto dei lavoratori e la cancellazione di ciò che resta dell’articolo 18, per uniformare il mondo del lavoro al ribasso con l'effetto immediato di garantire meno tutele per tutti.
Di seguito i punti a cui opponiamo con decisione un netto rifiuto:
- NO alla “previsione per le nuove assunzioni del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio”
In regime sin da subito questa riforma distrugge ciò che resta dell'articolo 18. Oggi il reintegro di un lavoratore licenziato può avvenire solo nei casi di licenziamento discriminatorio o disciplinare (se il giudice reputa che il fatto non sussista, caso molto difficile da poter dimostrare), mentre nei casi di licenziamento per soppressione della mansione (economico) e nella maggior parte di quelli disciplinari è previsto solo un risarcimento economico. Con il contratto a tutele crescenti previsto dal Jobs Act ogni possibilità di reintegro viene completamente spazzata via (il testo non ne parla in modo esplicito). Se ne deduce che il lavoratore entro i primi anni potrà essere licenziato in qualsiasi momento – anche nel caso di contratto a tempo indeterminato! –, con la consolazione di un indennizzo proporzionale all'anzianità di servizio.
- NO alla “revisione della disciplina dei controlli a distanza”
Attualmente lo statuto sancisce il divieto d'uso di impianti audiovisivi (art.4) e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Non serve spiegare quanto questa auspicata “disciplina” possa essere lesiva dei diritti della persona.
- NO “all’introduzione sperimentale del compenso orario minimo per il lavoro subordinato e collaborazioni coordinate e continuative”
Teoricamente potrebbe sembrare un’idea non malvagia, ma essendo destinata solo a quei settori dove non sono previsti contratti nazionali (ossia, contratti stipulati a livello nazionale tra le organizzazioni rappresentanti dei lavoratori ed i loro datori di lavoro: fanno eccezione per esempio i co.co.co., i lavoratori in nero, coloro che vengono pagati attraverso voucher), rischia di essere uno strumento per scardinarli del tutto nella speranza di uno stipendio più alto.
- NO alla “revisione della disciplina delle mansioni”
…che autorizza il datore di lavoro a dare mansioni inferiori rispetto alla qualifica del lavoratore (con conseguente diminuzione dello stipendio) o a non dargliene alcuna, nei casi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale. Studiare anni per acquisire competenze specifiche e professionalità diventa una vana gloria utile solo a decorare le pareti di casa?
- NO alla “possibilità di estendere il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative discontinue e occasionali in tutti i settori”
Chi è stato pagato tramite voucher (oggi previsti per categorie come colf, baby sitter, camerieri etc.) sa come questi non siano a tutela del lavoratore, in quanto aumentano la possibilità di lavoro senza diritti né pagamento dei contributi.
Anche gli strumenti di tutela del rapporto di lavoro (in corso o successivi alla perdita dell’occupazione) vengono manomessi dal progetto di questa legge delega:
“ Allo scopo di assicurare, in caso di disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, di razionalizzare la normativa in materia di integrazione salariale e di favorire il coinvolgimento attivo di quanti siano espulsi dal mercato del lavoro ovvero siano beneficiari di ammortizzatori sociali, semplificando le procedure amministrative e riducendo gli oneri non salariali del lavoro.”
Il cambiamento parte dalla definitiva rinuncia alla cassa integrazione in caso di disoccupazione involontaria per cui si potrà fruire solo dell’indennità di disoccupazione. L’ingresso in cassa integrazione resta possibile per determinati settori solo a seguito dell’esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro (si intendono permessi, ferie e banca ore a disposizione del lavoratore) ed ha in comune con l’Aspi (la nuova indennità di disoccupazione introdotta dalla riforma del 2012 a favore di lavoratori dipendenti particolari, involontariamente disoccupati) la durata: a tutele crescenti in base all’anzianità di servizio.
Per poter accedere agli ammortizzatori sociali in genere si opta per una semplificazione delle procedure burocratiche per le aziende permettendo loro di superare l’obbligatoria consultazione sindacale.
Le modifiche apportate all’indennità di disoccupazione prevedono una sua estensione ai lavoratori para-subordinati attivi da almeno due anni, ma vincolata alle risorse disponibili e variabile da persona a persona in base alla contribuzione figurativa. Vanno a discapito di tutti coloro che hanno avuto lunghi periodi di ammortizzatori sociali alle spalle, non escludendo congedo di maternità o parentale, quindi in larga misura per le donne.
Non dimentichiamo che il fantomatico modello tedesco a cui Renzi vuole ispirarsi è considerato una minaccia dalla Germania stessa, in cui le riforme del governo Schröder (2003-2005) si sono mosse andando a dilazionare il monte di ore di lavoro complessivo per creare tantissimi mini-job da 450 euro il mese. E’ la nascita di una classe sotto-proletaria nutrita, precaria e sottopagata che conta 7,4 milioni di individui in contrapposizione ad un’altra con salari relativamente alti e pienamente tutelata.
Noi studenti in perenne formazione dequalificata e precaria, facciamo già i conti con questo sistema di tentati soprusi illeciti e non dobbiamo assolutamente accettare la loro normalizzazione, lasciando che la finanziarizzazione dell’economia o quanto di più lontano da noi esista faccia il suo corso a discapito dei nostri progetti di vita. Non siamo soggetti passivi all’interno di un circolo auto-perpetuante di produzione e consumo, dunque non possiamo rinunciare alla costruzione di un’alternativa al capitale che sia espressione di relazioni culturali e sociali che ribaltino l’attuale stato di crisi e precarietà. Come è possibile vivere dignitosamente in una realtà del genere? La sopravvivenza diventa la massima ambizione, a costo della propria umanità. La competizione sfrenata che viene istigata in ambito scolastico così come in ambito lavorativo, se già era un preoccupante segno del dilagare del peggior individualismo, ora diventa esigenza basilare: mangiare o essere mangiati?
A cura del Collettivo Lettere e Filosofia