venerdì 31 ottobre 2014

NO AL JOBS ACT: NUOVO MODELLO DI POVERTÀ

Articolo 23 Diritti dei lavoratori
1) Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione. 
                                                                            Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Viviamo in un paese che ha più a cuore la tutela delle fabbriche e del capitale economico piuttosto che quello umano: lo testimonia la leggerezza con cui si deprivano di qualità e validi strumenti l’istruzione, la sanità, i servizi pubblici. Questa politica capitalista che tratta lo Stato come un'impresa si è di recente impegnata a mettere in atto l'ennesimo sopruso ai danni dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (già provato dopo il tocco angelico della Fornero) con la velleitaria promessa di debellare il precariato dilagante: le modifiche compiute non porteranno altro risultato che ridurre ancor di più i diritti di chi – legittimamente, almeno secondo la Costituzione Italiana – è alla ricerca di un posto di lavoro a tempo indeterminato (e di un futuro).

Lavorare sotto ricatto a tempo indeterminato, secondo un’istituzionalizzazione della precarietà che non risponde all’esigenza di una valida soluzione alla crisi economica, ma dipende dalle stesse logiche neoliberiste del mercato del lavoro e dalle  stesse politiche finanziarie e monetarie che hanno contribuito al dilagare della disoccupazione.

Fu lo stesso Renzi appena due anni fa a contestare le modifiche apportate allo Statuto dei lavoratori dalla Fornero, ribadendo come questo non fosse un ostacolo alla crescita, bensì un “falso problema” sotto il quale si tentava di nascondere ben più consistenti problemi burocratici, economici e mafiosi che portano gli imprenditori (anche dall’estero) a non investire nel bel paese. Ma ciò che poi ha proposto attraverso il suo Jobs Act è stato un drastico taglio al sistema di ammortizzatori sociali, la manomissione dello Statuto dei lavoratori e la cancellazione di ciò che resta dell’articolo 18, per uniformare il mondo del lavoro al ribasso con l'effetto immediato di garantire meno tutele per tutti.


Di seguito i punti a cui opponiamo con decisione un netto rifiuto:

NO alla “previsione per le nuove assunzioni del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio”
In regime sin da subito questa riforma distrugge ciò che resta dell'articolo 18. Oggi il reintegro di un lavoratore licenziato può avvenire solo nei casi di licenziamento discriminatorio o disciplinare (se il giudice reputa che il fatto non sussista, caso molto difficile da poter dimostrare), mentre nei casi di licenziamento per soppressione della mansione (economico) e nella maggior parte di quelli disciplinari è previsto solo un risarcimento economico. Con il contratto a tutele crescenti previsto dal Jobs Act ogni possibilità di reintegro viene completamente spazzata via (il testo non ne parla in modo esplicito). Se ne deduce che il lavoratore entro i primi anni potrà essere licenziato in qualsiasi momento – anche nel caso di contratto a tempo indeterminato! –, con la consolazione di un indennizzo proporzionale all'anzianità di servizio.



NO alla “revisione della disciplina dei controlli a distanza”
Attualmente lo statuto sancisce il divieto d'uso di impianti audiovisivi (art.4) e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Non serve spiegare quanto questa auspicata “disciplina” possa essere lesiva dei diritti della persona.

NO “all’introduzione sperimentale del compenso orario minimo per il lavoro subordinato e collaborazioni coordinate e continuative”
Teoricamente potrebbe sembrare un’idea non malvagia, ma essendo destinata solo a quei settori dove non sono previsti contratti nazionali (ossia, contratti stipulati a livello nazionale tra le organizzazioni rappresentanti dei lavoratori ed i loro datori di lavoro: fanno eccezione per esempio i co.co.co., i lavoratori in nero, coloro che vengono pagati attraverso voucher), rischia di essere uno strumento per scardinarli del tutto nella speranza di uno stipendio più alto.

NO alla “revisione della disciplina delle mansioni”
…che autorizza il datore di lavoro a dare mansioni inferiori rispetto alla qualifica del lavoratore (con conseguente diminuzione dello stipendio) o a non dargliene alcuna, nei casi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale. Studiare anni per acquisire competenze specifiche e professionalità diventa una vana gloria utile solo a decorare le pareti di casa?

NO alla “possibilità di estendere il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative discontinue e occasionali in tutti i settori”
Chi è stato pagato tramite voucher (oggi previsti per categorie come colf, baby sitter, camerieri etc.) sa come questi non siano a tutela del lavoratore, in quanto aumentano la possibilità di lavoro senza diritti né pagamento dei contributi.

Anche gli strumenti di tutela del rapporto di lavoro (in corso o successivi alla perdita dell’occupazione) vengono manomessi dal progetto di questa legge delega:

“ Allo scopo di assicurare, in caso di disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, di razionalizzare la normativa in materia di integrazione salariale e di favorire il coinvolgimento attivo di quanti siano espulsi dal mercato del lavoro ovvero siano beneficiari di ammortizzatori sociali, semplificando le procedure amministrative e riducendo gli oneri non salariali del lavoro.”




 Il cambiamento parte dalla definitiva rinuncia alla cassa integrazione in caso di disoccupazione involontaria per cui si potrà fruire solo dell’indennità di disoccupazione. L’ingresso in cassa integrazione resta possibile per determinati settori solo a seguito dell’esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro (si intendono permessi, ferie e banca ore a disposizione del lavoratore) ed ha in comune con l’Aspi (la nuova indennità di disoccupazione introdotta dalla riforma del 2012 a favore di lavoratori dipendenti particolari, involontariamente disoccupati) la durata: a tutele crescenti  in base all’anzianità di servizio.
Per poter accedere agli ammortizzatori sociali in genere si opta per una semplificazione delle procedure burocratiche per le aziende permettendo loro di superare l’obbligatoria consultazione sindacale.
Le modifiche apportate all’indennità di disoccupazione prevedono  una sua estensione ai lavoratori para-subordinati attivi da almeno due anni, ma vincolata alle risorse disponibili e variabile da persona a persona in base alla contribuzione figurativa. Vanno a discapito di tutti coloro che hanno avuto lunghi periodi di ammortizzatori sociali alle spalle, non escludendo congedo di maternità o parentale, quindi in larga misura per le donne. 
Non dimentichiamo che il fantomatico modello tedesco a cui Renzi vuole ispirarsi è considerato una minaccia dalla Germania stessa, in cui le riforme del governo Schröder (2003-2005) si sono mosse andando a dilazionare il monte di ore di lavoro complessivo per creare tantissimi mini-job da 450 euro il mese. E’ la nascita di una classe sotto-proletaria nutrita,  precaria e sottopagata che conta 7,4 milioni di individui in contrapposizione ad un’altra con salari relativamente alti e pienamente tutelata.


 Noi studenti in perenne formazione dequalificata e precaria, facciamo già i conti con questo sistema di tentati soprusi illeciti e non dobbiamo assolutamente accettare la loro normalizzazione, lasciando che la finanziarizzazione dell’economia o quanto di più lontano da noi esista faccia il suo corso a discapito dei nostri progetti di vita. Non siamo soggetti passivi all’interno di un circolo auto-perpetuante di produzione e consumo, dunque non possiamo rinunciare alla costruzione di un’alternativa al capitale che sia espressione di relazioni culturali e sociali che ribaltino l’attuale stato di crisi e precarietà. Come è possibile vivere dignitosamente in una realtà del genere? La sopravvivenza diventa la massima ambizione, a costo della propria umanità. La competizione sfrenata che viene istigata in ambito scolastico così come in ambito lavorativo, se già era un preoccupante segno del dilagare del peggior individualismo, ora diventa esigenza basilare: mangiare o essere mangiati?


giovedì 30 ottobre 2014

Sui laboratori di Primaria, sui Lavoratori, sul Collettivo

Care e cari,
di seguito cercheremo di mettere in chiaro alcune questioni sollevate direttamente o indirettamente da uno o più di voi colleghe/i:


- Sui laboratori di Scienze della Formazione Primaria
fino all'anno scorso i laboratori sopracitati erano delle mere continuazioni dei corsi con assegnazioni aggiuntive di materiali e carico didattico (manuali, dispense, lezioni frontali, etc.), veri e propri esami per conseguire l'idoneità, calendari rigidi e limitati nello svolgimento.
Ciò accadeva solo per il corso di S.F.P. (pur riconoscendo lo squilibrio del numero di laboratori in piano studi tra Formazione Primaria e altri corsi).
Come Collettivo, da sempre, lavoriamo in ottica di innalzamento della qualità della didattica a livello trasversale tra TUTTI i corsi.
In Consiglio di Dipartimento abbiamo presentato e fatto approvare i seguenti punti, basati su una linea politica ed etica
1) definire obiettivi chiari, operativi e professionalizzanti; il laboratorio deve quindi tendere all’acquisizione di competenze operative e di gestione, in stretta correlazione con l’attività di tirocinio
2) prevedere l’elaborazione di materiali didattici ad hoc, come materiali di studio e di verifica finale (non la riproposizione di letture di volumi, già oggetto di studio nei corsi)
3) suddividere gli studenti per gruppi ristretti distribuiti nell’arco della settimana o del mese
4) sostenere la frequenza per ricevere idoneità o valutazione positiva, (a tal fine lo studente dovrà seguire un numero minimo di ore e raggiungere gli obiettivi minimi assegnati; eliminando in questo modo la distinzione tra studente “frequentante” e studente “non-frequentante” come avviene per l'attività didattica dei corsi. Non è possibile che uno studente “superi” un laboratorio senza mai prendervi parte, ma semplicemente sostenendo un vero e proprio esame su testi o manuali proposti dal docente; ciò snatura l’essenza stessa del laboratorio)
Abbiamo ben presenti le criticità tutt'ora esistenti come l'elevato numero di studenti e la mancanza di una calendarizzazione “intelligente” in favore degli studenti lavoratori.


- Sui lavoratori
Come sempre, su questo punto, ci teniamo a sottolineare come per l'Ateneo fiorentino la figura dello “studente lavoratore” NON esista; vengono riconosciute solo le iscrizioni standard e part-time (con tutte le sue note fallaci). Il Collettivo ha sempre difeso il diritto alla “partecipazione e fruizione” dei lavoratori -tutti- (si veda l'estensione delle sessioni straordinarie ai lavoratori e la loro difesa.. fino al triste epilogo) ed, in virtù di ciò, ci stiamo battendo per ottenere una calendarizzazione dei laboratori che gli permetta di frequentarli (sdoppiamenti, striplamenti e incontri nel fine-settimana per tutti i laboratori).
[se volete affrontare il problema degli spazi/aule (che in realtà non esiste, o quasi, contrariamente a quanto vi dicono), siamo a disposizione per informazioni e chiarimenti sull'attuale e su come ci stiamo muovendo]
Apprezziamo e non poco il lavoro dei molti studenti che autonomamente, in questi giorni, si stanno muovendo per la questione, ma purtroppo constatiamo che, in molti di questi casi, si sostengono le istanze di gruppi esigui che portano come unica risultante un accrescersi delle incomprensioni e quant'altro.


- Sul ruolo del Collettivo
Il Collettivo Nosmet non è né un ufficio reclami né un ufficio di assistenza personale. Siamo un gruppo di STUDENTI aperto e auto-organizzato, un luogo di discussione POLITICA-SOCIALE-CULTURALE (il che vuole anche dire che abbiamo linee politiche alla base delle nostre azioni-proposte-interventi).
C'è poi la parte della rappresentanza che NON viviamo come “portavoce”, ma essendo un gruppo basato su principi-valori-ideali agiamo in funzione di questi.
Se riceviamo richieste di spostamenti di orario per la lezione X perché la studentessa Y fa tardi per l'aperitivo serale o l'estetista (sembra assurdo ma riceviamo anche questo tipo di richieste) non meravigliatevi se non vi rispondiamo o se lo facciamo in malomodo. Non ci muoviamo per personalismi, ma in ottica collettiva, per ottenere il meglio per TUTTI.

Noi ci mettiamo volontà, tempo e faccia, siamo sempre a disposizione per discutere o chiarire qualsiasi questione... abbiamo una MAIL e delle STANZE FISICHE (nel cortile destro).


lunedì 13 ottobre 2014

C'era una volta la "sessione per lavoratori"

...un po' sfogo.. un po' report.. un po' archivio...

Non giriamoci intorno, come voi tutti - o quasi - saprete le sessioni straordinarie d'esame [di seguito indicate come SSE] (dicembre e aprile) non saranno più accessibili ai “lavoratori auto-certificati”.
Per capire perché e come è necessario appuntarsi qualche premessa necessaria ad inquadrare il tutto (chi in questi ultimi 2/3 anni ha seguito minimamente i nostri appelli, “allarmi” e rivendicazioni, di certo non cascherà dalle nuvole):
1- per l'Ateneo fiorentino lo “studente lavoratore” non esiste, viene riconosciuta solamente l'iscrizione “part-time”.
2- Scienze della Formazione si è sempre distinta come isola felice, un luogo accogliente dove i moltissimi iscritti, che per mantenersi agli studi svolgevano anche 2 lavori (di cui 1 e mezzo a nero), trovavano uno scoglio di salvezza nell'auto-certificazione, garantendosi la possibilità di accedere a sessioni d'esame ad hoc (dicembre, aprile e luglio).
3- Purtroppo il passo dal diritto all'abuso è breve ed è inutile dirvi quanto queste sessioni (comprendenti anche i fuori corso) siano state “usate” da tutti, dal lavoratore al furbo. A cogliere la scappatoia non furono solo gli studenti, ma anche quei docenti che per “bontà d'animo” estendevano le SSE a tutti.
4- Nel 2012 la Facoltà fu chiamata a tagliare una delle 3 SSE. Dovendoci esprimere sulla questione proponemmo, e poi votammo, la cancellazione della SSE di luglio (con il mantenimento di quelle di dicembre ed aprile), a condizione che quella ordinaria estiva fosse prolungata fino a metà luglio. Che i patti non furono rispettati lo sappiamo pure noi!
5- Arriva novembre e la “dirigenza”, incarnata dalla Preside Ulivieri, (fino a quel momento sempre al nostro fianco nella tutela dello studente lavoratore), in sordina, decide di spostare la SSE di dicembre a gennaio. Basiti ed incazzati convocammo un presidio davanti ad un Consiglio di Facoltà ristretto (ergo, non potevano accedere, tra i vari, i Rappresentanti degli Studenti) che, grazie alla “buona” partecipazione degli studenti ci permise di entrare e rivendicare le nostre istanze.
Dopo non poca concitazione ottenemmo il ripristino della SSE di dicembre, soltanto per gli esami orali (le segreterie non avevano il tempo materiale per “organizzare” gli scritti ed inoltre “mancavano le aule” visto che le lezioni quell'anno si sarebbero protratte al di fuori dei vincoli imposti dal calendario didattico) e la garanzia di un ripristino in toto per l'anno successivo. Strette di mano e messe a verbale.
6- Arriva gennaio ed il riordino dell'Università.
Enzo Catarsi, il nuovo Direttore di Dipartimento, dichiara di voler spostare la SSE di dicembre a gennaio, poiché «sono stato anche io uno studente lavoratore [..] per lo studente è meglio studiare nelle vacanze di natale [..]»; gli studenti non la pensano allo stesso modo. Noi del Collettivo ancor meno visto l'accordo siglato solo pochi mesi prima.
Con il Direttore siamo chiari e sosteniamo che, quando verrà presentata la questione in Consiglio noi ribatteremo con la nostra proposta (SSE a dicembre e ad aprile). Passano i mesi e tutto tace, non si ritorna sull'argomento in nessun organo fino a quando, a settembre, veniamo a sapere che a luglio inoltrato, nell'ultimo consiglio della Scuola (organo preposto al coordinamento didattico) Catarsi ha fatto approvare il SUO spostamento nel silenzio assoluto.
7- Ancora una volta ci mobilitiamo, a cominciare dai Consigli dei Corsi di Studi dove però veniamo tacciati di mettere in pratica una sorta di “terrorismo” e la nostra istanza (lo ribadiamo: lo spostamento di una sessione) viene ribattuta con un «voi volete un esamificio, noi guardiamo alla qualità della didattica» (cit. Prof. Andrea Mannucci ogni volta che nei Consigli viene portata un'istanza o presentata un'osservazione/critica/richiesta da parte del Collettivo ). Tentiamo quindi l'approccio diretto in Consiglio di Scuola dove, assieme al Collettivo di Lettere e Filosofia, presentiamo all'ordine del giorno il ripristino della SSE a dicembre per tutti (ah sì, in totale contrarietà al principio di omologazione di Scuola, lo spostamento a gennaio riguardava solo SciForm e non Lettere che la manteneva a dicembre) e l'estensione delle sessioni ordinarie da 2 a 3 appelli (a Lettere da immemore tempo, visto il gran numero di studenti, era stato così, ma nel passaggio da Facoltà a Scuola/Dipartimenti era andato perduto).
In concomitanza avevamo chiamato un presidio che raccolse in tutta la Scuola circa 30 studenti (15 se togliamo i ragazzi e le ragazze dei Collettivi.....).
Si discute in partenza (per così dire.. dall'importanza data alle questioni fummo posizionati al termine dell'O.d.G.) del terzo appello che viene, “abbastanza agevolmente” ripristinato; poi si passa alla SSE e qui è uno spettacolo. La nostra Rappresentante motiva il tutto, facendo anche un'accurata cronistoria, a cui ribatte, in rappresentanza dei docenti di SciForm, la Prof.ssa Sarsini (del suo intervento conserviamo un vivido ricordo: «ai nostri studenti va bene così»).
I docenti di Lettere non si esprimono per non “prevaricare il confine”, le marionette delle altre liste studentesche fanno la solita scena muta ed i restanti membri del Consiglio in rappresentanza di SciForm (presenti o no non vi è alcuna differenza) Federighi, Bacchetti, Mannucci, etc con un cenno del capo indicano la strada.
Azzardiamo il tutto per tutto e, nonostante l'esiguo numero, entriamo.. ma nulla da fare.. veniamo pure sbeffeggiati dalla sopracitata Sarsini che, all'uscita, con un buffetto sulle guance dichiara «stavolta vi è andata male».
8- Tutto si placa, molti dimenticano, ma noi no; da quel momento fino ai giorni nostri abbiamo continuato a battere sull'incudine tanto da far ridiscutere, con molta fatica, la questione in Consiglio di Scuola dalla Presidente - Prof.ssa Marchese - e... rullo di tamburi... SSE a dicembre!
Il tappo è già pronto a schizzare via dallo spumante quando i membri di SciForm avanzano una postilla/monolite: restrizione delle SSE a fuori corso, erasmus, part-time, malati con certificazione.... aspettate, e i lavoratori auto-certificati (tutti quegli studenti lavoratori che con orgoglio inseriamo nelle relazioni annuali riscrivendoli come l'80%)? «se uno lavora può iscriversi al part-time.. non c'è tempo/spazio per fare gli esami scritti a tutta questa gente.. non siamo un esamificio.. hanno già troppi appelli..» Bonga!.
9- Ci riproviamo, ancora una volta... sollecitiamo la Prof.ssa Marchese a riportare ancora la nostra istanza... ma come è andata lo capite da soli.
C'è pure qualche docente che si oppone al terzo appello, qualcuno che non ha intenzione di farlo... bene, se un professore non vi fornisce la terza data allora sappiate che dovete segnalarlo alla Presidente di Scuola e, se volete, avete il pieno diritto di rivolgervi al Garante.

Questa è la storia... le conclusioni tiratele voi e nel farlo sentitevi liberi d'esser maliziosi.

P.s.
Abbiamo richiesto i verbali dei due Consigli di Scuola sopracitati, quando e se arriveranno li pubblicheremo.

P.P.s.
Sì, lo sappiamo che la concordanza dei tempi non regge, ma prendetelo come uno sfogo



Collettivo Nosmet